STORIA DI UNA NOTTE SURREALE SULLE RIVE DEL TEVERE

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A poche centinaia di metri di distanza, tra stadio Olimpico e Centrale del Foro Italico, prima il Bologna torna a vincere la Coppa Italia dopo ben 51 anni e subito dopo Lorenzo Musetti elimina in due set, con una partita-capolavoro, il campione uscente Alexander Zverev.

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n un villaggio realmente globale come quello dello sport, non è cosa di tutti i giorni assistere a due eventi importanti a poche centinaia di metri l’uno dall’altro. Sorvolando su quanto questo sia folle dal punto di vista logistico, del traffico e della sicurezza (chiedere ai migliaia di automobilisti romani bloccati nel mega ingorgo di Roma Nord), soffermiamoci invece sull’aspetto puramente poetico di una sera, quella di ieri, in cui tutto si è capovolto lungo le rive del Tevere. In ordine rigorosamente cronologico, il primo boato è stato quello dei tifosi del Bologna, capace di battere il Milan e di conquistare la Coppa Italia addirittura 51 anni dopo l’ultima volta. Una partita intensa ma piuttosto povera di occasioni, come spesso si conviene a una finale, se si esclude il doppio miracolo di Skorupski nel primo tempo, prima su una deviazione improvvida di un suo compagno e poi sulla ribattuta a colpo sicuro di Jovic. Nel secondo tempo stesso copione: il Bologna passa dopo soli 8′ con Ndoye, ma la partita, per colpa soprattutto della pochezza del Milan e dei cambi confusionari del suo allenatore, non si accende e ai rossoblù, ovviamente, va bene così. E alla fine è festa grande, per una squadra forte (ancora in corsa per la seconda qualificazione in Champions consecutiva) e una società sana, capace di essere competitiva senza fare voragini nei conti.

…Musetti (e il suo coach Tartarini, chapeau) ha dato vita a un match “surrealista”, incasinato come un quadro di Jackson Pollock…

Ma mentre impazza la festa bolognese sul prato dell’Olimpico, basta spostare lo sguardo poco più in là, sul Centrale del Foro Italico, per assistere a un altro piccolo miracolo sportivo: Lorenzo Musetti che elimina in due set Alexander Zverev, campione 2024 del torneo e osso durissimo sulla terra battuta. Questo Musetti, però, restituisce un senso di compiutezza, umana prima ancora che tennistica, per cui davvero nessun traguardo inizia ad essergli precluso. La partita preparata e interpretata dal nostro è stata un capolavoro di sagacia tattica, abilità tecnica e abnegazione fisica: conscio che uscire vivi da una battaglia di bordate dal fondo contro il tedesco sarebbe stato impossibile, Musetti (e il suo coach Tartarini, chapeau) ha dato vita a un match “surrealista”, incasinato come un quadro di Jackson Pollock, se ci passate il paragone. Continue variazioni di velocità, di altezze, di rotazioni, accelerazioni e smorzate, strenue difese dai teloni e attacchi in controtempo: un guazzabuglio tennistico voluto e cercato (ma difficilissimo da realizzare, sia chiaro) in cui scambio dopo scambio Zverev ha finito per perdersi, rimanendone infine imbrigliato e in confusione totale. Una partita unica nel suo genere, che per essere condotta in porto ha bisogno sì di grande completezza tecnica, ma anche di un grande spirito di sacrificio atletico e di una chiarezza mentale che eviti a chi tesse la rete di rimanerci a sua volta invischiato. Di tutto questo spettacolo dobbiamo ringraziare Lorenzo e, a latere, anche la cara polvere di mattone, ancora capace di rallentare un gioco altrimenti ai limiti della brutalità e di regalarci pennellate di tennis ragionato e feroce.

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Gianluca Puzzo

2 commenti

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  • Per il tennis è un momento straordinariamente felice, fattore che candida l’Italia alla terza Davis consecutiva.
    Quanto al calcio, la crescita del Bologna è il frutto della programmazione, di una proprietà solida senza fare salti nel vuoto, tra l’altro senza due calciatori simbolo della passata stagione come Calafiori e Zirkee.
    Il Foro Italico per una sera, come la Cappella Sistina dello sport e attenzione, perchè il meglio, potrebbe ancora arrivare.

  • Notte magica e chissà magari ne vivremo altre. Le sorprese nello sport sono sempre dietro l’angolo.

Di Gianluca Puzzo

Gianluca Puzzo

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