
Tornato a giocare gli Internazionali d’Italia dopo tre anni di assenza causa infortuni, Matteo Berrettini è costretto ancora ad arrendersi alla sfortuna, alzando bandiera bianca dopo un set contro Casper Ruud. E subito c’è chi punta il dito sulla sua scelta di giocare anche il doppio insieme al fratello…
Se il “teloavevodettismo” (parola orrenda quanto chiara) assurgesse a disciplina olimpica, non avremmo difficoltà a insidiare Usa e Cina in vetta al medagliere. Oggetto, ancora una volta, di questo assurdo sport tutto italiano è Matteo Berrettini, ritiratosi ieri dagli Internazionali in corso a Roma per l’ennesimo infortunio agli addominali obliqui della sua ormai corposa storia clinica. Già ai tempi della sua storia d’amore con Melissa Satta, le malelingue avevano carognescamente indicato la ex velina come origine di tutti i mali dell’ex numero 6 del mondo, quasi fosse una novella Dama Bianca. E quando il nostro, come logica e fisiologia vogliono per un atleta di 27 anni, era infine guarito, allora ecco subito i “telavevodettisti” notare l’assenza della suddetta showgirl dal box berrettiniano in tribuna, giustificando così, con l’aggiunta di una spruzzatina di veteromaschilismo che non guasta mai, il ritorno in salute di Matteo.
Se il “teloavevodettismo” (parola orrenda quanto chiara) assurgesse a disciplina olimpica, non avremmo difficoltà a insidiare Usa e Cina in vetta al medagliere.
Ma torniamo all’oggi, anzi a ieri, quando Berrettini non fa quasi in tempo a uscire dal campo e dalla sala stampa con le lacrime agli occhi, che ecco giungere al galoppo sui social i commenti (non richiesti) dei “telavevodettisti”, pronti stavolta, in assenza di altre femme fatale, a puntare il dito sul doppio giocato (e perso) il giorno prima in serata dai due fratelli Berrettini, che avevano beneficiato di una wild card degli organizzatori (nessuno di loro due avrebbe infatti avuto una classifica sufficiente per accedere al tabellone di un 1000). Gli sforzi aggiuntivi, l’umidità della sera, il minor riposo: sarebbero queste le ragioni alla base del nuovo infortunio occorso al tennista romano, al quarto stop negli ultimi tre anni per un problema agli addominali, cui vanno aggiunti quelli a entrambe le gambe, alle caviglie e l’intervento alla mano destra del marzo ’22. Una via crucis che, come lui stesso aveva ammesso tempo fa, lo ha portato anche alla depressione dopo l’infortunio agli US Open, e che si sposa perfettamente con quanto detto ieri da Matteo in sala stampa: “Fino a dieci minuti prima del match di oggi pensavo di non farcela, ma ci ho provato. Non volevo ritirarmi, ma poi so quello che succede, che devo stare fermo per tre mesi. (…) Poi l’amore per questo torneo, per questa città, per mio fratello e per lo sport che faccio, mi ha spinto a provarci fino all’ultimo”. Insomma, un umanissimo desiderio di un ragazzo d’oro, prima ancora che un grande tennista, di giocare dopo tanto tempo nella sua città, con suo fratello, magari con i suoi amici in tribuna.
Ci lamentiamo spesso degli atleti professionisti di oggi, cui è richiesto dallo sport-biz di essere più simili a macchine che a uomini; beh, ora suona davvero crudele dare addosso a Berrettini per un atto d’amore verso Roma, la sua famiglia e il suo sport. Ti aspettiamo sull’erba, Matteo, magari per scrivere sulle telecamere di Wimbledon “Ve l’avevo detto che sarei tornato”. Stavolta sì.
È un auspicio incoraggiante e speriamo, per lui e per noi, che essere il vero Berrettini.