
Una deludente nazionale italiana di calcio, rischia di rimanere fuori per la terza volta consecutiva dal mondiale dopo la pesantissima sconfitta in Norvegia, mentre la mediocre vittoria in casa sulla Moldavia non apre scenari incoraggianti.
Sembrerebbe quasi attendere il gong per porre fine a un’agonia senza fine.
Nella quale da molti anni, in ciascuno dei fallimenti, sono sempre le stesse parole a spegnere il fuoco che poi puntualmente divampa, in una mediocrità cui purtroppo ci siamo abituati e per la quale non si prova quasi nessuna indignazione perché divenuta abitudine.
Pesante l’errore comunicativo di mandare in panchina un allenatore già esonerato con evidenti domande scomode e imbarazzo davanti ai giornalisti chiamati a fare il proprio lavoro.
Ma in fondo, i risultati della nazionale sono la risultante di un movimento in evidente crisi, soprattutto organizzativo e di credibilità, tra classifiche riscritte a fine campionato e partite giocate nelle aule dei tribunali, sulla pelle della passione dei tifosi che seguono i propri colori con soldi propri come i presidenti delle società, soprattutto quelle in regola che tolgono tempo e denaro alle famiglie.
Pensiamo all’attuale Serie B dove tutti sono in vacanza da un mese, mentre si rimane in attesa di giocare un play-out falsato considerata la situazione infortuni (per esempio della Sampdoria) nel momento dell’ultima di campionato.
Senza parlare la delusione immensa dei tifosi del Brescia, che dopo aver festeggiato la salvezza sul campo, scoprono l’imminente penalità per inadempimenti e la non iscrizione alla prossima stagione, cancellando decenni di storia.
Un sistema che ha permesso l’anno scorso, l’iscrizione a Turris e Taranto non arrivate a fine campionato, salvo poi cancellare i punti di quelle squadre che avevano vinto contro entrambe, a differenza di coloro che avevano perso punti con pareggi o sconfitte, facendo giocare il play-out a Spal e Lucchese salve sul campo ma adesso fallite.
Nel mezzo le seconde squadre della A che portano inevitabilmente dei sicuri introiti a livello d’iscrizione, togliendo spazio a quelle comunità che dopo un importante campionato in D, sono costrette a ripartire dalla stessa serie dilettantistica dopo un play-off, che non assegna la promozione bensì una graduatoria di ripescaggi.
Anche qui, in un gioco di parole dove la “riammissione” prevede il reintegro della squadre retrocesse dalla C qualora non s’iscrivessero le aventi diritto (Milan under 23 in pole dopo la retrocessione proprio contro la Spal), mentre il “ripescaggio” in maniera alternata di una retrocessa dalla C e quella meglio posizionata nel rapporto punti/giornate tra le vincitrici dei play-off dai nove gironi dalla D, solamente nel caso i successivi controlli delle iscritte al professionismo, darebbero esito negativo.
Come pure la circostanza avvenuta pochi giorni addietro, nella finale di poule scudetto tra Livorno e Siracusa, giocata (seppur fosse un titolo puramente onorifico) alle 16 dell’8 giugno, in un baricentro totalmente spostato verso la Toscana considerata la sede di Teramo.
Sto con Silvio Baldini, vicino ai settant’anni pur non dimostrandoli, puro e sincero, e chissà, forse per questo relegato da diversi anni in C con risultati di tutto rispetto, soprattutto quando non contano più i valori in campo, quanto invece saper toccare le giuste corde nell’emotività dei calciatori.
Un manifesto al termine della vittoria del suo Pescara nella finale play-off contro la Ternana: “La Nazionale ieri sera ha perso tre a zero: non è il problema se c’è Spalletti, c’è Conte, c’è Lippi, c’è Capello. Il problema è che creano una generazione di persone che non sa più nemmeno che cos’è la bandiera italiana, che cosa vuol dire indossare la maglia azzurra, perché la Nazionale vera, come quella del 1982 che ha vinto con Scirea, con Tardelli, con Conti, con Graziani, con Rossi, Zoff, Collovati, che erano eroi, non avrebbe perso con la Norvegia. Quindi se i nostri dirigenti non capiscono certe cose andranno avanti sempre i lestofanti.”
Dalle persone vorremmo sempre la sincerità pur non sapendola accettare.
Cariche di significato le ultime parole di Spalletti nella veste di commissario tecnico, nell’augurio che chiunque abbia rifiutato la nazionale, non debba più giocarci, sentendosi probabilmente tradito da chi poteva dare molto di più.
I risultati di oggi sono la risultante di anni di errori, valutazioni e conformismi.
Sottoscrivo al 100% l’a tua analisi impietosa. Grazie.