Per la gioia dei numerosi amanti della palla ovale a stelle e strisce, stanotte si sono riaccesi i riflettori sulle tre lettere che terranno in ostaggio l’America da settembre a febbraio: quelle della NFL. Trentadue squadre pronte a sfoggiare i potenti muscoli per vendere cara la pelle lungo il cammino che porterà alla conquista del leggendario Vincent Lombardi Trophy.
Le prime note di apertura verranno suonate dai Campioni in carica (New England Patriots) che ospiteranno i coriacei Pittsburgh Steelers. Un incontro che ha iniziato a produrre scintille prima ancora del suo kick-off. Si parte da un presupposto tanto semplice quanto lineare: i Patriots non hanno nulla da dimostrare perché hanno già dimostrato tutto, in primis un grande collettivo in grado di abbattere, come un rullo compressore, chiunque ostacoli il loro cammino. Sgonfiatosi (mai verbo fu più calzante) il caso del Deflategate (di cui sinceramente non se ne può più) e archiviato l’annullamento della pena inflitta “ab origine” a Tom Brady, ci si interroga se New England sia ancora capace di portare avanti un’idea vincente. Esiste negli occhi dei suoi giocatori quella voglia propulsiva al touchdown finale? Molti sostengono di no! Personalmente ritengo che i Patrioti saranno protagonisti (per l’ennesima volta) di questa stagione e (molto probabilmente) li vedremo disputare un SuperBowl che, per l’occasione, si farà ancora più bello del normale dato che raggiungerà la veneranda età di cinquant’anni e sarà disputato nel nuovo stadio dei San Francisco 49ers (Santa Clara).
Altre tre squadre hanno le carte in tavola, nonché l’arsenale fisico, per impensierire (non poco) Belichek & Co. Stiamo parlando di Seattle Seahawks, Baltimora Ravens e Green Bay Packers. I primi sono coloro che si sono visti soffiare il titolo della scorsa stagione per una sola yarda, quella manciata di centimetri che fanno la “differenza” (come ama sottolineare Al Pacino nel film di Oliver Stone) a seguito di una chiamata arbitrale che farà parlare ancora per tanti mesi. Russell Wilson appare smanioso di certificare ai suoi fan che quell’intercetto subito resterà un episodio isolato mentre Marshawn Lynch brama di entrare nella gloria calpestando ogni avversario e traghettando i Seahawks alla terza partecipazione consecutiva alla Grande Notte. Semplice voglia di rivincita? Forse sì, ma non solo. C’è anche la scaltrezza di Pete Carroll, un head coach che ha rivoluzionato il gioco dettando dei trend che lo hanno portato a vincere pur andando contro corrente.
Seconda franchigia ostaggio dal sacro fuoco della vendetta é quella di Aaron Rodgers, i Green Bay Packers, sconfitti nella finale della NFC scorsa proprio dal Team della Pioggia. La grande incognita che accompagna il cammino di questo organico riguarda l’entità consistente dell’infortunio capitato a Jordy Nelson, il miglior ricevitore dei Packers, che per il momento riporta a casa la rottura di un crociato e la fuoriuscita per direttissima dalla stagione 2015. Sarebbe folle non dare credito ad uno dei QB più in forma e agguerriti della NFL: Rodgers saprà ristabilire equilibrio e orientamento in una squadra che avrà molto da raccontare (a partire dal suo esordio contro i Chicago Bears).
I Ravens si presentano puntuali all’appuntamento di questa nuova edizione, avendo la mentalità per fare tanto e bene. Candidati, a mani basse, al Grande Ballo di febbraio. Baltimora è un grande esempio di continuità per quanto concerne la presenza ai play-off, un team capace di declinare idee interessanti in ottimi risultati. Il merito sicuramente va riconosciuto a John Harbaugh che, posto al comando della squadra, ha saputo collezionare statistiche impressionanti tali da non lasciar spazio all’improvvisazione. Non sarà facile, certo, ma se c’è un coach in grado di tirar fuori una immensa prestazione stagionale contro le previsioni, questi è John. L’ha già fatto in passato e non vede l’ora di ripetersi. Joe Flacco resta un QB ancora troppo sottovalutato per la sua mole. Credo che sfrutterà a pieno quest’anno per mostrare la sostanza di cui è fatto.
É il momento di azzardare una nota di “lucida follia” alla lista dei favoriti fin qui presentata: i Miami Dolphins. Da sempre una piazza “hot”, non solo per le ovvie condizioni climatiche ma per una serie di aspetti organizzativi che, nel tempo, hanno raggiunto elevati livelli di complessità. Occorre riavvolgere i filmati della NFL al 2008 per trovare i Delfini vivi e vegeti nella post-season. Il QB, Ryan Tennehill, ha dato prova di grande umiltà e voglia di maturare, progredendo negli ultimi due anni con un tasso di crescita sorprendente. Il vero problema per Miami è stato ed è tuttora la mancanza di fame, foga e desiderio. Chiunque vuole vincere, si sa, ma riesce a farlo solo chi tramuta il desiderio in azione. Finora i Dolphins hanno investito, ora bisogna raccogliere. In caso contrario, l’approccio di Coach Philbi avrà fatto un assordante tonfo nell’acqua.
Di sicuro ci sono altre pretendenti al trono, a partire da Indianapolis fino a Denver, passando per Philadelphia e Dallas, pronti a recitare un ruolo da guest-star (secondario) nel campionato partente (a patto, però, che riescano a risolvere problematiche interne che ne hanno congelato i progressi negli scorsi anni).