Gli Astros rispettano il fattore campo anche in gara 2, vinta ancora per 2-1, ma devono attendere l’ultimo attacco per avere ragione di una New York tenace, anche un po’ sfortunata, ma che paga ancora la latitanza offensiva (ma in parte anche difensiva) di diversi uomini chiave, Judge e Sanchez su tutti. Ora un giorno di riposo e poi la finale dell’American League ripartirà dallo Yankee Stadium per tre partite consecutive (sempre che gara 5 sia necessaria). Poi si tornerà, eventualmente, a Houston per le gare 6 e 7.
Si inizia con Verlander sul mound per Houston, e si capisce subito che sarà una giornata da strappare coi denti per gli Yankees contro l’ex stella dei Tigers, che finirà per lanciare l’intera partita (124 lanci) concedendo solo 4 valide e un punto a fronte di ben 13 strikeout. Al contrario, finisce dopo soli 4 inning la partita del suo omologo, Luis Severino, che ferma una linea di Gurriel col polso sinistro, effettua comunque l’out ma è poi costretto ad arrendersi al dolore. Il primo scossone potrebbe arrivare al terzo inning, prima con una battuta molto lunga di Headley, presa da Reddick a un palmo dal muro, e subito dopo con Gardner che colpisce duro a destra: sarebbe un doppio comodo, ma il suggeritore di terza di New York decide di forzare la mano, chiamando il suo uomo all’extra base: Reddick e Correa, però, sono molto reattivi e Gardner viene eliminato in terza malgrado la scivolata disperata.
Gli Astros segnano per primi al quarto attacco, con un solo homer di Carlos Correa, identico a quello precedente di Headley ma più lungo di pochi, decisivi centimetri. L’intervento di un bambino con il guantone al di sopra del muro rende necessaria anche la review, ma l’home run viene confermato. Nel quinto pareggia New York grazie a due doppi consecutivi di Hicks e Frazier, leader del lineup basso che è l’unico a smuovere le acque, vista la completa assenza dei primi cinque uomini (chiuderanno la partita con una valida e 8 k su complessivi 20 turni), cui si aggiunge il problema ormai cronico del battitore designato, in cui Girardi ha provato già tre uomini in questa postseason, Ellsbury, Headley e Holliday, tutti con risultati disastrosi (0-26 nel box…).
Malgrado l’uscita anticipata di Severino, comunque, New York tiene bene la partita con il suo fortissimo bullpen: due riprese di Kahnle (esaltante il suo k su Altuve) e due di Robertson, consegnano il nono inning a Chapman ancora sull’1-1. Il closer cubano apre con un k su Reddick, ma Altuve lo fulmina con un singolo al centro, quindi va nel box Correa, che dopo essersi difeso alla grande con diversi foul trova il giro buono, battendo un doppio a destra. L’intervento difensivo di Judge è preciso ma il tiro agli interni è davvero molle, considerando la velocità incredibile di Altuve nella corsa sulle basi. Gregorius riceve l’assistenza e la gira subito a casa (parzialmente ostacolato dalla scivolata di Correa in seconda), ma Sanchez perde la palla a terra e Altuve piomba come un fulmine sul piatto, toccandolo con la mano sinistra e segnando il punto della vittoria. Delirio Houston e amarezza New York, gara 3 è già un bivio decisivo.