Il suo numero 8 campeggia dal 6 agosto 1989 (giorno del suo ingresso nella Hall of Fame e del ritiro della sua maglia) sugli spalti del Fenway Park dopo esserne stato protagonista assoluto, sul campo, per 23 anni: Carl Yastrzemski, detto “Yaz”, è la terza e ultima leggenda, stavolta in carne e ossa, che ho scelto per celebrare il trionfo di Boston nelle World Series. Giocatore straordinariamente completo, capace di vincere per 7 volte il Golden Glove come miglior esterno sinistro ed essere al tempo stesso annoverato tra i battitori più potenti e continui della storia del baseball, Yaz sceglierà di legare la sua intera carriera ai Red Sox, non arrivando mai a vincere il titolo ma venendone ripagato con un amore eterno da parte dei suoi tifosi, che gli riconoscono ancora oggi il grande merito morale di non aver mai abbandonato la nave su cui aleggiava la “maledizione del Bambino”. Non a caso, è stato chiesto a lui di effettuare il primo lancio celebrativo in tutte le tre World Series vinte poi da Boston negli ultimi dieci anni.
Figlio, ovviamente, di emigrati polacchi, Yaz entra nell’organizzazione dei Red Sox nel 1959, debuttando in MLB l’11 aprile 1961 per la prima delle 3.308 partite che lo vedranno indossare la maglia di Boston. Fin dall’inizio ha addosso una pesantissima eredità, quella di un’altra leggenda dei Red Sox, Ted Williams, cui succede come esterno sinistro, un ruolo che, al Fenway Park, ha un significato molto speciale perché significa giocare sotto il Green Monster (del quale i lettori di questo blog sanno ormai tutto), sapendone gestire al meglio i rimbalzi. La risposta di Yaz a queste pressioni sarà straordinaria: difensore essenziale, lucido e con un braccio molto potente (il destro, ma batte da mancino), in 12 anni sotto il Green Monster Yaz arriverà ad aggiudicarsi 7 Golden Glove, prima di essere spostato in prima base e, nel finale di carriera, divenire battitore designato.
Gli serviranno due anni in più per emergere anche in attacco: nel ’63, infatti, vanta a sorpresa la miglior media battuta di tutta l’American League (321) ed è il migliore anche nei doppi e nelle basi ball guadagnate. In quell’anno arriva anche la prima convocazione per l’All Star Game, un onore che si guadagnerà per ben 18 volte in carriera: dal ’63 all’83, infatti, mancherà la partita delle stelle solo in tre occasioni (1964, ’80 e ’81), forse la miglior prova della sua eccezionale continuità di rendimento. A proposito di All Star Game, merita una citazione la sua partecipazione a quello del 1975 quando Yaz, entrato come pinch-hitter nel sesto inning con due uomini in base e la sua squadra sotto 0-3, batterà un terrificante home run sul primo lancio di Tom Seaver (non del primo venuto, quindi), pareggiando in un colpo solo la partita.
Tornando alla sua carriera, la stagione migliore di Yaz arriva senza dubbio nel 1967, quando si aggiudica la Triple Crown dell’American League terminando al primo posto stagionale come media battuta (326), fuoricampo (44) e punti battuti a casa (121). Per dare un termine di paragone alla sua impresa, basti pensare che bisognerà attendere il 2012, con Miguel Cabrera, per assegnare nuovamente una tripla corona. In quella stessa stagione i Red Sox giungono fino alle World Series, perse a gara sette con i St. Louis Cardinals di Bob Gibson, ma Yaz è ancora il trascinatore della squadra, con una media di 400, 3 home run e 6 punti battuti a casa. Yaz condurrà i suoi alle World Series anche nel ’75, perdendole ancora una volta in sette gare, per mano della “Big Red Machine”, gli eccezionali Cincinnati Reds di quegli anni. Il ritiro arriverà al termine della stagione 1983, a 44 anni.
Le statistiche finali della carriera di Yaz lasciano stupefatti, e non solo in termini di longevità: le 23 stagioni con un’unica maglia rappresentano un record (condiviso con Brooks Robinson dei Baltimore Orioles), così come lo sono le 3.308 partite (secondo record all-time). Poi ci sono 646 doppi (settimo all time), 1.844 punti battuti a casa (12° all time) e 1.845 basi su ball (sesto all time), oltre a 452 home run e 3.419 valide totali (il primo giocatore dell’American League capace di superare i “muri” dei 400 hr e delle 3 mila valide). I numeri di un campione vero e di una grande storia d’amore sportiva che ancora oggi, con il suo protagonista giunto a 74 anni d’età, viene giustamente onorata e rispettata da tutti i tifosi dei Red Sox.