TROPPA ITALIA PER LA GIOVANE BULGARIA: FEFÈ E I SUOI ANCORA CAMPIONI DEL MONDO!

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Dopo l’iride femminile, l’Italia si prende anche quello maschile, come non succedeva addirittura dall’URSS del 1960. In finale i ragazzi di De Giorgi (al quinto titolo in carriera, un record) gestiscono bene gli ardori dei giovani bulgari di Blengini, con Alex Nikolov spesso troppo solo. I momenti di svolta arrivano dalla battuta: 5 ace di Romanò nel secondo set e 4 di Bottolo nel finale del quarto.

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on serviva Nostradamus per capire, come avevamo scritto ieri, che la vincente della semifinale tra Italia e Polonia sarebbe stata la favorita in finale contro la Bulgaria. Talentuosi e brillanti finché vogliamo, i ragazzi di Blengini, certamente di grande prospettiva (soprattutto Alex Nikolov), ma non ancora in possesso della continuità necessaria per essere campioni del mondo, pur in un’edizione piena zeppa di sorprese, come le clamorose eliminazioni al primo turno di Francia e Brasile. L’Italia di De Giorgi, invece, ha avuto la pazienza e la qualità per essere l’unica, grande conferma di questi Mondiali filippini; è arrivata da campione del mondo e riparte ancora campione, dopo aver superato lo shock del terribile infortunio a una colonna portante come Daniele Lavia, dopo aver elaborato la sconfitta col Belgio nel girone ed averla vendicata con furore nei quarti, infine dopo aver tenuto dritto il timone anche nei momenti di tempesta contro la Polonia in semifinale, vero capolavoro di questo bis iridato della banda De Giorgi. E proprio dal ct vogliamo iniziare, perché se questi ragazzi hanno sviluppato queste doti ai massimi livelli lo devono in gran parte a Fefè da Squinzano, che della calma, della lucidità nella tempesta ha fatto il marchio di fabbrica di una carriera a questo punto leggendaria, visto che nessuno al mondo può vantare cinque titoli mondiali (tre da giocatore e due da allenatore) nella propria bacheca personale. Ancora più in alto di De Giorgi, però, un applauso enorme va fatto alla Federazione, al suo presidente Manfredi e allo staff delle Squadre Nazionali, per aver costruito un movimento enorme per quantità e qualità, in cui la riunificazione delle corone iridate (ricordiamo la vittoria delle ragazze di Velasco poche settimane fa) è solo la punta di un iceberg che vanta moltissimi titoli continentali e mondiali anche nelle categorie giovanili. Il solo fatto che l’ultima nazione ad aver detenuto contemporaneamente entrambi i titoli mondiali del volley non esista nemmeno più (stiamo parlando dell’Urss nel 1960) può darvi il senso dell’enorme traguardo raggiunto dall’Italia.

La finale inizia nel segno dell’equilibrio, ma la difesa azzurra soffre più del dovuto i pallonetti dei bulgari, e De Giorgi richiama subito i suoi a un maggior ordine. La Bulgaria prova a fuggire due volte, sul 10-12 e sul 12-14, ma la riagguantiamo con un ottimo turno al servizio di Bottolo che stampa l’ace del pari, poi propizia il contrattacco vincente di Romanò, il suo stesso da posto 6 e infine il muro di Giannelli del 17-14. Restiamo avanti larghi fino al 21-17 (ace di Michieletto), poi la Bulgaria piazza due murate su Romanò e Bottolo e si riavvicina fino al 21-20. A quel punto sale in cattedra Romanò con due chiusure fondamentali e un ingenuo fallo di rotazione dei bulgari ci issa a quattro set point sul 24-20. Il secondo è quello buono, con Bottolo che fissa il 25-21.

Perché da oggi, come scrive qualcuno, “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e sulla pallavolo”. E non serve nemmeno il referendum costituzionale per certificarlo.

Nel secondo parziale l’Italia deve fare i conti con lo “one man show” di Alex Nikolov, il grande talento bulgaro che, a soli 21 anni, tiene in piedi la sua squadra praticamente da solo. L’Italia parte forte e il set sembra già ben indirizzato quando capitan Giannelli stampa su Nikolov la murata del 10-5, ma sull’11-7 la stella di Blengini piazza quattro contrattacchi vincenti di fila fino a riprenderci. Tutto da rifare, ma gli azzurri non si scompongono, lottando palla su palla e potendo contare sull’impennata di rendimento di Michieletto e Romanò; il nostro opposto, in particolare, decide di scrivere la parola “fine” sul set con un turno di servizio clamoroso, iniziato sul 18-16 e terminato sul 23-16 dopo cinque ace consecutivi. Il set lo chiuderà poco dopo Bottolo con un altro ace per il 25-17 che lancia l’Italia sul 2-0, ma cinque ace di fila, ripetiamo, in una finale mondiale sono qualcosa che passa dritto dritto sui libri di storia dello sport.

Nel terzo set la Bulgaria ha un sussulto d’orgoglio, mentre forse l’Italia pensa troppo presto di aver già messo le mani sulla coppa. Nikolov continua a martellare (7 punti per lui, alla fine saranno 23), ma stavolta non è più solo, visto che Atanasov gli fa ora da degna spalla. A metà set, sul 10-14, De Giorgi inserisce Porro per Bottolo, ma senza risultati, e nel finale anche Sbertoli per far rifiatare Giannelli. Sani entra in battuta ma sbaglia, mentre Nikolov stampa l’ace del 14-20. Alla Bulgaria riesce improvvisamente tutto, mentre l’Italia è già con la testa al quarto set, inevitabile il 17-25.

Chi si aspetta un quarto set di pura sofferenza è invece destinato a rimanere deluso. In un attimo le parti si invertono: Fefè dà nuovamente fiducia a Mattia Bottolo nel sestetto titolare e lo schiacciatore della Lube lo ripaga con un set perfetto, 10 punti personali tra cui quattro ace. Intorno a lui ritrova fiducia tutta la squadra e per la Bulgaria è notte fonda: 9-3 dopo un muro spaziale di Michieletto, poi 16-9 con muro di Bottolo. Sul 19-10 inizia il turno di servizio di Bottolo da cui la Bulgaria non uscirà più: tre ace di fila, poi muro di Giannelli, poi un altro ace per il 24-10 ed infine il contrattacco finale del 25-10, schiantato a terra da Simone Anzani, forse il giocatore per cui questo titolo mondiale ha più significato, dopo gli stop per problemi di salute che ne avevano persino messo in forse la carriera.

Da ora è festa grande, con le dediche, le lacrime, il Quirinale e tutto il resto, come per le ragazze.
Perché dovrà passare del tempo per capire davvero che cosa immensa hanno fatto queste due squadre, in uno sport realmente globale come la pallavolo.
Perché chi, come me, aveva visto e vissuto la Generazione di Fenomeni pensava di aver visto e vissuto un’epoca irripetibile, mentre ora dobbiamo ricrederci, perché le generazioni sono addirittura due, e contemporanee.
Perché da oggi, come scrive qualcuno, “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e sulla pallavolo”. E non serve nemmeno il referendum costituzionale per certificarlo.

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Gianluca Puzzo

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