Tacciano le armi

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In seguito all’invasione dell’Ucraina perpetrata dall’esercito russo, lo sport grida unanime la sua condanna verso questi comportamenti criminali. Una serie di boicottaggi che, insieme ad una serie di sanzioni economiche, potrebbero rivelarsi socialmente ancora più forti di un’azione militare.

Non è bastato il costo di milioni di vittime nello scorso secolo causato da due conflitti mondiali e non solo.
Non sono bastati due anni di pandemia dove oggi sembra vedersi finalmente la luce.
L’offensiva militare russa in Ucraina ha riportato l’orologio della storia indietro di moltissimi anni, e lo sport, come fenomeno popolare globale, sta facendo la sua parte.
Ad oggi è un lunghissimo coro unanime di condanna quello dello sport internazionale, su ogni fronte, anche a costo di rimetterci importanti sponsorizzazioni.
Lo Schalke 04, club calcistico tedesco che milita nella seconda divisione, ha immediatamente rimosso lo sponsor Gazprom dalla propria maglia, anche gli inglesi del Manchester United hanno revocato la sponsorizzazione con Aeroflot che durava dal 2013.
Chiaro il messaggio apparso sul mega schermo del Deutsche Bank Park di Francoforte poco prima di Eintracht – Bayern Monaco di Bundesliga, con la scritta a grandi caratteri “Stop It, Putin”.
Messaggio congiunto “stop war” dei calciatori di Napoli e Barcellona prima del play-off di Europa League giocato allo stadio Maradona, come quello del calciatore ucraino Malinovskyi, decisivo per l’Atalanta nel passaggio del turno sull’Olimpiakos.
Toccante anche il sostegno dei tifosi del Bodo/Glimt, che in occasione dello spareggio contro il Celtic Glasgow per continuare la corsa in Conference League hanno fatto sentire e vedere in eurovisione il proprio sostegno sventolando i colori della bandiera ucraina.
Scena emozionante in occasione dell’incontro tra Everton e Manchester City, dove i giocatori del City si sono presentati con una maglia bianca con scritto “No War” raffigurante la bandiera ucraina come quelli di casa, applausi a scena aperta per Zinchenko in lacrime.
Bellissimo l’abbraccio verso l’ucraino Yarmolenko (per ovvi motivi non in condizioni di giocare) in West Ham – Wolwerhampton, con il London Stadium che ha omaggiato il calciatore di casa.
Voci anche dalla stessa Russia, con un fatto curioso che lascia capire come la condanna dell’invasione parta anche da un fronte interno.
Protagonista il profilo social dell’FC Tosno, una vera e propria meteora calcistica in vita dal 2013 al 2018 capace di vincere la Coppa nazionale nella stagione 2017/18; dal giorno del suo fallimento il possessore delle credenziali per accedere all’account continua a scrivere “Oggi non è successo niente”, mentre il giorno dell’invasione russa ha scritto “Oggi è successo qualcosa che non sarebbe dovuto succedere”.
In ambito internazionale si è aperto il caso relativo al prossimo play-off per l’accesso ai mondiali in Qatar dove Polonia, Repubblica Ceca e Svezia si sono dette immediatamente contrarie a giocare contro la Russia, pochi giorni dopo è arrivata la risposta della FIFA col provvedimento sulla nazionale russa di non potere giocare in casa, senza inno e tifosi, con la denominazione RFU acronimo di Russian Football Union.
Decisione ritenuta troppo leggera, visto che la Federazione polacca ha immediatamente confermato la sua contrarietà a disputare l’incontro.
Diretta e precisa la Francia, che si è chiaramente espressa per l’esclusione della rappresentativa russa.
Al coro si è aggiunta anche la nazionale dell’Albania, in vista della prossima Nations League, insieme ad altre federazioni.
L’evidente imbarazzo è successivamente durato meno di ventiquattro ore fino alla definitiva sospensione di Fifa e Uefa, che vedono escluse sia la nazionale che i club russi da qualsiasi competizione nazionale e quindi dall’imminente play-off di accesso ai mondiali di Qatar così come dalle coppe europee.
Inoltre sempre l’Uefa aveva in precedenza cancellato la sede di San Pietroburgo designata per ospitare la finale di Champions League, sostituita con quella di Parigi, rinunciando anche all’oneroso contratto con lo sponsor ufficiale Gazprom.
Presa di posizione anche per un altro sportivo russo di primo piano, come il tennista Andrey Rublev che al termine della semifinale nell’ATP 500 di Dubai, con un pennarello ha scritto sulla telecamera il messaggio “No War please”.
È ancora la struggente lettera alla Patria della tennista Elina Svitolina numero 15 del ranking WTA: “Mi impegno perciò a donare il montepremi dei miei prossimi tornei per sostenere l’esercito, per i bisogni umanitari, per aiutarli a difendere la nostra nazione (…) Ucraina, tu ci unisci, sei la nostra identità, sei il nostro passato e il nostro futuro. Noi siamo Ucraina. Possa il Mondo vederti e aiutarci a unire le forze per proteggerti. Siete sempre nei miei pensieri e nelle mie preghiere. Siete sempre con me.”
In maniera più leggera, l’ATP e WTA, circuiti del tennis maschile e femminile, hanno confermato che i tennisti russi e bielorussi potranno continuare a giocare i tornei ma senza i colori delle loro bandiere, mano dura anche della federazione ciclisma internazionale, col veto alle squadre russe e permesso di partecipazione ai singoli atleti ma come neutrali.
L’International Tennis Federation ha confermato la cancellazione a tempo indeterminato di tutti i tornei previsti in Russia.
Si fanno sentire anche gli atleti più rappresentantivi direttamente dai propri social, come il pallavolista francese Earvin N’Gapeth che in risposta al prossimo mondiale in Russia, ha scritto: “Senza di me, grazie”.
Chiara la posizione dell’ex pallavolista Ekaterina Gamova, volto noto in Russia per il suo eccezionale palmares, che ha espresso il suo pensiero e quello di molti altri connazionali: “Questa pagina vergognosa rimarrà per sempre nella storia del mio paese… Non avrei mai immaginato che la Russia avrebbe attaccato uno stato europeo, bombardato e sparato. Il mondo intero ora è contro la Russia, impone sanzioni. Non vogliono vederci nei loro paesi, vogliono isolarci. Il nostro governo deve fermarsi il prima possibile. Avrei potuto tacere? Avrei potuto. Ma mi vergogno e ho paura. Sappiate che in Russia ci sono molte persone contrarie a ciò che sta accadendo… Mi dispiace…”.

La Confederazione europa di pallavolo (CEV) ha fermato le gare in Ucraina e Russia, conseguenziale che non sarà russa la sede dei Campionati del Mondo maschili, previsti dal 26 agosto all’11 settembre.
Nell’Eurolega di basket, dopo la sospensione delle tre partite successive all’invasione che avrebbero coinvolto le squadre russe del CSKA Mosca, Unics Kazan e Zenit San Pietroburgo, è arrivata la decisione di cancellare le trasferte in Russia e giocare in campo neutro.
A proposito di pallacanestro internazionale hanno fatto il giro del mondo le immagini dell’incontro tra Spagna e Ucraina, valevole per le qualificazioni ai prossimi mondiali, con i cestisti ucraini applauditi in maniera a dir poco scrosciante dal pubblico iberico e il cestista Pustovyi con la scritta “No War” sulla guancia sinistra, affermando nella conferenza post-gara: “Deve smetterla con queste cazzate. Non abbiamo bisogno del suo fottuto aiuto, è un fottuto pazzo. Non posso credere che questo accada nel 2022. Non deve andare in Ucraina. Il mondo non dovrebbe essere escluso. Se la merda inizia a diffondersi dentro il nostro paese arriverà anche negli altri.”
La prima scelta di un giocatore singolo è stata del giorgiano Toko Shengelia ormai ex CSKA Mosca: “Non posso più giocare per la squadra del’esercito russo”.
Poche ore dopo, lo stesso club ha visto il defilarsi del lituano Marius Grigonis come il tedesco Johannes Voigtmann e il danese Iffe Lundberg, anche lo Zenit San Pietroburgo ha risentito analoghe conseguenze nei suoi tesserati.
Sulla stessa scia la federbasket olandese, si è schierata per non giocare contro la Russia l’incontro valido sempre per la qualificazione dei mondiali 2023. Infine la decisione di sospensione dei club russi da Eurolega ed Eurocup.
Niente europei di Tiro al Volo previsti a Mosca.
Anche la scherma internazionale non si è tirata indietro, con tantissime rinunce al torneo individuale di Sochi, valevole per la Coppa del Mondo ’21-’22.
Mano dura della World Athletics, che ha deciso per l’esclusione degli atleti russi e bielorussi “per il prossimo futuro e con effetto immediato”, fuori dunque dai prossimi Mondiali indoor di Belgrado in programma tra il 18 e il 20 marzo, come quelli all’aperto del prossimo luglio previsti ad Eugene.
Anche la Formula 1 ha fatto e sta facendo il suo percorso.
Il primo ad alzare la voce è stato il pilota Sebastian Vettel, ex Ferrari oggi in Aston Martin ma pur sempre un quattro volte campione del mondo e quindi con un forte peso specifico: “Non posso parlare a nome dell’associazione dei piloti di Formula 1, ma personalmente non voglio correre in Russia e la F1 non dovrebbe correrci. Tante persone stanno morendo per ragioni stupide”.
Parole che successivamente hanno spinto verso un tavolo con gli attori principali, quali la Federazione Internazionale e le squadre partecipanti, all’inevitabile cancellazione del Gran Premio di Russia previsto a Sochi il prossimo settembre.
Poche ma chiare le parole del comunicato, tra queste: “Il Campionato del Mondo di Formula Uno visita Paesi di tutto il pianeta con una visione positiva che unisce i popoli e le nazioni. (…)”
La situazione sta avendo ripercussioni sul team americano Haas, finanziato anche da un’azienda russa produttrice ed esportatrice di potassio, in cui tra l’altro corre il figlio del presidente e azionista di maggioranza.
Decisa la squadra, che in occasione del terzo giorno di test sul circuito di Montmelò, è scesa in pista senza lo sponsor e con una livrea bianca al posto dell’abbinamento dei colori che ricordano la bandiera russa; colorazione presentata solamente poche settimane addietro e già vista nello scorso campionato.
Difficile pronosticare cosa succederà a Nikita Mazepin, l’unico pilota russo di F1; potrebbe disputare comunque il mondiale come atleta neutrale sotto la bandiera della FIA, ma molto dipenderà dai legami del team con la sponsorizzazione.
Ricordiamo anche che l’attacco militare è avvenuto proprio pochi giorni dopo la chiusura dei Giochi Olimpici invernali, in attesa dell’inizio di quelli Paralimpici.
Il CIO, viste le gravi violazioni come quella della Tregua Olimpica e altre relative alla Carta Olimpica, ha deciso di “ritirare l’Ordine Olimpico a tutte le persone che attualmente svolgono una funzione importante nel governo della Federazione Russa o in altre posizioni di alto rango legate al governo”.
Sempre il Comitato Internazionale Olimpico, sta esortando tutte le federazioni sportive internazionali a spostare o addirittura cancellare qualsiasi manifestazione sportiva in programma in Russia e Bielorussia, condannando per quest’ultima nazione il ruolo di alleato nel consentire il passaggio dell’esercito russo, sollecitando tra l’altro che nessuna delle due bandiere venga esposte o nessuno degli inni suonato.
La Federazione internazionale di Sci ha deciso lo stop per tutti gli eventi già in programma in Russia, durissima la decisione della federazione norvegese a non fare partecipare atleti russi alle prossime gare di coppa del mondo o campionati previsti appunto in Norvegia.
Ma c’è anche la presa di posizione che si aggiunge alla storia di atleti internazionali simbolo ucraini disposti ad armarsi e difendere il proprio Paese ad ogni costo, come i fratelli Klitshko e Oleksandr Usyk.
Toccante anche la scelta di Yuriy Vernydub, allenatore della squadra moldava dello Sheriff dei miracoli, che solamente lo scorso autunno andò a vincere al Santiago Bernabeu di Madrid, adesso arruolatosi nell’esercito del suo Paese in guerra.
E ancora la scelta di Dmytro Pidruchnyi solamente pochi giorni addietro impegnato alle Olipiadi di Pechino, primo e al momento unico biathleta uomo ad avere vinto un titolo mondiale impegnato nella sua Ternopil.
Storie purtroppo con un tragico fine, visto che tra le vittime si contano già anche volti sportivi nazionali, come il 20enne Yevhen Malyshev atleta del biathlon, due giovani calciatori Vitalli Sapylo e Dmytro Martinenko di appena 21 e 25 anni.

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Andrea La Rosa

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