
Dodici mesi dopo l’emozionante conclusione a gara 7, con il 2-1 che diede il titolo ai Panthers, Florida ed Edmonton si ritrovano nuovamente di fronte nelle Stanley Cup Finals. Una sfida attesissima, sempre al meglio delle sette partite, che da domani metterà di fronte la grande concretezza e fisicità dei campioni in carica ed il talento e la voglia di rivincita dei canadesi.
Ancora tu / non mi sorprende lo sai / Ancora tu / ma non dovevamo vederci più?
Non pensava certo a Lucio Battisti Matthew Tkachuk quando, dodici mesi fa, disse “Speriamo di rivederci l’anno prossimo” a Connor McDavid, che si era appena complimentato con lui per la vittoria dopo gara 7. Il senso delle sue parole, però, era proprio quello, e in effetti, pur dopo un anno, dopo tutte le vicissitudini di un nuovo campionato e di una nuova corsa playoff, non sorprende più di tanto che Panthers e Oilers si ritrovino nuovamente di fronte per l’ultimo atto della stagione, quello più importante, quello che vale l’immortalità sportiva, con i nomi di tutta la squadra incisi nell’argento della coppa di Lord Stanley.
È la dodicesima volta che assistiamo a una finale “back to back” nella storia della NHL, la quinta dall’espansione del 1967-68: l’ultima fu nel 2009, quando i Pittsburgh Penguins vendicarono la sconfitta in sei partite subita l’anno precedente dai Detroit Red Wings, superandoli a loro volta in gara 7. I Panthers, alla terza finale consecutiva (come i Lightning del triennio 2020-22, due anni fa furono sconfitti da Vegas), in caso di vittoria diventerebbero la prima squadra dal 1978 capace di battere lo stesso avversario in due finali di fila (allora furono i Canadiens sui Bruins). E dalle finali consecutive passa anche la storia degli Edmonton Oilers, che potrebbero seguire le nobili orme dei leggendari Oilers di Wayne Gretzky, che iniziarono la loro epoca d’oro proprio battendo nelle finali del 1984 quegli stessi Islanders che li avevano stoppati l’anno precedente. Per loro sarebbe il primo titolo dopo 35 anni, ma soprattutto sarebbe il meritato punto esclamativo sullo straordinario talento di Connor McDavid e sul suo quasi altrettanto talentuoso sodale, Leon Draisaitl.
…non sorprende più di tanto che Panthers e Oilers si ritrovino nuovamente di fronte per l’ultimo atto della stagione, quello più importante, quello che vale l’immortalità sportiva, con i nomi di tutta la squadra incisi nell’argento della coppa di Lord Stanley.
La differenza principale, rispetto a dodici mesi fa, è il fattore campo: allora a favore dei Panthers, oggi degli Oilers, che ospiteranno quindi i primi due match e poi le eventuali gare 5 e 7. Gli allenatori sono gli stessi, quasi tutti gli interpreti c’erano già dodici mesi fa, con le dovute eccezioni: per i Panthers ci sono due aggiunte di mercato, Brad Marchand e Seth Jones, mentre Edmonton recupera Evander Kane (infortunato l’anno scorso), preziosissimo nelle transizioni, ma perde Zach Hyman per infortunio. Anche i portieri sono gli stessi, con l’intoccabile Sergej Bobrovsky a difendere la gabbia dei campioni in carica contro Stuart Skinner, titolare del 2024 cui però, nel 2025 era stato in origine preferito Calvin Pickard, salvo poi riprendersi il posto nelle ultime partite (6-1 nelle ultime sette, con tre shootout, solo 1.41 gol subiti a partita e una percentuale di parate superiore al 94%), anche a causa del difficile rientro post infortunio del compagno.
Quello che non è certamente cambiato è il DNA hockeistico delle due squadre, agli antipodi quanto mai sia possibile esserlo all’interno di un ovale ghiacciato: molto più fisico e basato su pressing e ritmo quello di Florida, verticale, di velocità e tecnica quello di Edmonton. Gli Oilers, dopo le tre sconfitte consecutive nelle prime tre partite delle scorse finali, dovrebbero aver imparato la lezione sulla loro pelle: impossibile battere i Panthers senza “scendere”, almeno parzialmente, sul loro piano di gioco. Dodici mesi fa Edmonton approcciò la finale con la spocchia dei talentuosi predestinati, convinta di poterla spuntare solo di tecnica e di fioretto, e questo atteggiamento quasi la condusse allo sweep; non a caso, infatti, la rimonta ebbe inizio quando McDavid e compagni iniziarono a “sporcarsi le mani” nelle mischie, nei contatti e nelle cariche in balaustra. Se ora dimostreranno di sapere applicare, da subito, quanto imparato dodici mesi fa, allora il talento cristallino delle loro stelle potrà fare la differenza, altrimenti la clamorosa profondità delle linee di Florida, che rende la squadra capace di tenere sostanzialmente lo stesso ritmo per tutti e 60 i minuti, avrà nuovamente la meglio. Gli Oilers dovranno assolutamente evitare le incredibili amnesie difensive che li contraddistinguono spesso, e Bouchard dovrà per una volta preoccuparsi di difendere più che di attaccare; le uscite dal terzo difensivo, in particolare, saranno un momento chiave di questa finale, perché è in quella fase che il pressing dei Panthers può diventare mortale. Quanto ai singoli duelli, tra i tanti scegliamo il più scontato ma, a nostro parere, anche quello che potrebbe rivelarsi cruciale così come lo fu dodici mesi fa: Connor McDavid contro Alexander Barkov, i due capitani, il miglior centro offensivo contro il miglior centro difensivo della lega. L’anno scorso Barkov tenne a secco una macchina da punti come McDavid sia in gara 6 che in gara 7, e alla fine furono proprio le giocate del loro capitano a mancare, nel serbatoio a secco di energie degli Oilers nella “bella”. Ora il duello si ripropone, e non vediamo l’ora di raccontarvelo.