Rompo la tradizionale idiosincrasia di Sport One verso i commenti a caldo per celebrare l’impresa di Flavia Pennetta, che pochi minuti fa si è qualificata per la prima finale Slam della sua carriera, infliggendo un’autentica lezione di tennis alla romena Halep, numero 2 del mondo. La partita non ha avuto storia perfino al di là del 6-1 6-3 in favore della brindisina, perché da un lato c’era una grigia rematrice inchiodata alla riga di fondo e dall’altro una giocatrice a tutto campo, capace di alternare tocco e potenza con la facilità di chi a tennis sa giocarci davvero.
In un’ora si è vista tutta la differenza tra chi intende questo gioco come una maratona con scomodo ingombro di racchetta, e chi invece sa muoversi senza imbarazzi sia in orizzontale che in verticale, in difesa come sotto rete. E si è vista tutta la differenza anche tra chi gioca (e bene) anche il doppio e chi, invece, lo snobba perché porta pochi soldi in tasca.
Certo, vedere la Halep incapace di correre in avanti e di giocare anche solo dignitosamente al di sopra della linea del servizio e saperla al secondo posto mondiale, induce ad amare riflessioni sullo stato del tennis femminile, “asfissiato” tecnicamente da amazzoni senza altre soluzioni al di fuori del corri e tira. Ma non è questo il tempo né il luogo; godiamoci il trionfo, per una volta, della classe contro i muscoli. Il trionfo di una donna silenziosamente splendida e sorridente, contro gli (insopportabili) strepiti orgasmici di un wrestler in gonnella.