NHL ’18-’19: da stanotte il ghiaccio si fa bollente

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Scattano stanotte con le prime gare di cinque serie i playoff dell’hockey NHL, quattro turni tutti al meglio delle sette partite per decidere chi inciderà il proprio nome sulla leggendaria coppa di Lord Stanley.

Sembra paradossale dirlo dopo che ognuna di queste squadre ha già affrontato 82 partite, ma fino allo scorso 6 aprile si è quasi scherzato, in confronto a quel che tutti gli attori in campo dovranno dare da ora. Tra poche ore iniziano i playoff, da stanotte si fa davvero sul serio nella NHL; una stagione nella stagione, con turni che, fin da subito, si disputano sulla lunghissima distanza, al meglio delle sette partite. Chi ha la miglior testa di serie usufruisce ovviamente del vantaggio del campo secondo lo schema 2-2-1-1-1, cioè disputa sul proprio ghiaccio le prime due gare e poi le eventuali gare cinque e sette. Naturalmente non esiste pareggio né shootout; in caso di pareggio al termine dei tre periodi regolamentari si va avanti ad oltranza con tempi di 15 minuti l’uno, fino al gol di una delle due contendenti, che pone fine immediatamente al match. Ultimo (ma tutt’altro che ultimo) fattore da ricordare: si gioca ogni due giorni, anche quando si viaggia, quindi la stanchezza può diventare ben presto un elemento decisivo nella corsa al titolo, ragion per cui le favorite devono cercare di chiudere prima possibile le proprie serie, per ritagliarsi qualche giorno in più di preziosissimo riposo. Passiamo all’attualità, presentando le cinque sfide che si aprono stanotte, iniziando dal lato Est del tabellone.
SAN JOSE SHARKS – VEGAS GOLDEN KNIGHTS
Dopo l’acquisto-blockbuster della scorsa estate, quello di Erik Karlsson, in molti avrebbero scommesso sulla presenza degli Sharks in questi playoff, forti di un reparto difensivo con pochissimi eguali in termini di contributo offensivo e un gruppo consolidato di veterani come Burns, Thornton, Couture, Pavelski e Kane per nulla sazi di post season. I numeri della regular season parlano di San Jose come del secondo miglior attacco e della ventunesima difesa del campionato, del sesto miglior power play, di un mediocre penalty killing e di un portiere titolare, Martin Jones, reduce dalla peggior stagione della sua carriera; c’è bisogno di aggiungere altro per fotografare questi Sharks a trazione anteriore?
Las Vegas è la finalista dell’ultima Stanley Cup, persa contro Washington al termine di una cavalcata esaltante, ma pur avendo mantenuto quasi intatto quel gruppo quest’anno sembra essersi inceppato qualcosa laggiù nel Nevada. Gli infortuni innanzitutto, specialmente quello di Fleury, alcuni cali decisivi di rendimento e un’integrazione più complessa del previsto dei nuovi arrivati, nomi di primo piano come Stastny, Pacioretty e Stone, sembrano aver tolto scioltezza ed entusiasmo al gioco dei Golden Knights.
Le due squadre si incontrarono anche lo scorso anno, al secondo turno, con Vegas che la spuntò in sei partite, un paio delle quali in overtime. Facile prevedere un’altra serie dura e piuttosto lunga, ma stavolta gli Sharks sembrano essere più attrezzati.

NASHVILLE PREDATORS – DALLAS STARS
Dopo una stagione a dir poco agitata, sembra già un miracolo trovare gli Stars nella griglia dei playoff. Il terzo cambio di allenatore in altrettante stagioni, le esclusioni punitive per scarso rendimento comminate dal CEO Jim Lites contro alcune delle sue stelle e uno spogliatoio con continue scintille sembravano presagire un fallimento epocale e invece eccola ancora qui Dallas, ricompattata da coach Montgomery attorno a un gioco certamente meno spumeggiante che in passato ma più fisico e difensivo, rafforzato dalla scoperta del talento diciannovenne di Miro Heiskanen e dal sontuoso ritorno ai massimi livelli di Ben Bishop, in corsa per il Vezina Trophy come miglior portiere dell’anno. I problemi dei texani arrivano dall’attacco, che segna col contagocce (terz’ultimo della stagione) e dalle seconde linee, la cui produzione offensiva è molto marginale.
Decisamente di un altro livello, apparentemente, i Predators, bruciati l’anno scorso al secondo turno da Winnipeg in sette gare e ora di nuovo al via con le stesse caratteristiche del passato: uno strepitoso gruppo di difensori e un eccellente portiere, Pekka Rinne, come fondamenta dell’intera squadra. Nashville però non ha mai entusiasmato quest’anno, un po’ per via degli infortuni (soprattutto ai due migliori attaccanti, Arvidsson e Frosberg) e un po’ per un gioco troppo prevedibile e in qualche maniera “antico”. Basti pensare al misero 12,9% di positività nel power play di Nashville, il peggiore dell’intera lega. Insomma, i Predators visti finora possono certamente bastare per superare Dallas, ma per andare avanti a lungo servirà un cambio di passo.
WINNIPEG JETS – ST. LOUIS BLUES
Dopo lo strepitoso cammino dello scorso anno, battuti da Vegas nelle Conference Finals, a Winnipeg hanno deciso giustamente di puntare ancora sul medesimo gruppo, che malgrado un paio di infortuni pesanti (Byfuglien e Morrissey) ha mantenuto le promesse, qualificandosi con un certo agio ai playoff. I Jets rimangono una squadra a trazione anteriore (quarto power play e uno dei peggiori penalty killing), che predilige gli alti ritmi. Da romanzo, invece, la stagione dei Blues, che fino al 2 gennaio avevano il peggior record della NHL ed erano appena stati costretti a licenziare il capo allenatore Mike Yeo, sostituendolo ad interim con Craig Berube. Da lì in poi l’incredibile svolta, con St. Louis che farà più punti di tutte le altre (65), agguantando dei playoff che per metà stagione erano sembrati un miraggio. Merito dell’esperienza sul campo di Berube, del ritorno a grandi livelli di Tarasenko e dell’esplosione del rookie Jordan Binnington tra i pali; ora St. Louis ha il vantaggio di non avere nulla da perdere. Potrebbe non bastare contro i Jets, ma l’impressione è che dopo tanti anni di promesse mai mantenute sia cambiato qualcosa in casa Blues.

TAMPA BAY LIGHTNING – COLUMBUS BLUE JACKETS
Sulla carta questa è la serie più scontata di tutto il primo turno. Cosa possono fare i malcapitati Blue Jackets contro la squadra che ha dominato a passo di record tutta la regular season? Tampa Bay ha eguagliato il record dei Red Wings del 1995-96 di 62 vittorie, ha portato tre giocatori al di sopra delle 40 reti segnate (Kucherov, Stamkov e Point), ha il miglior portiere della stagione, ha il miglior attacco, il miglior power play e il miglior penalty killing di tutta la NHL. L’unico problema di Jon Cooper sarà quello di tenere alta la tensione tra i suoi ragazzi, di non farli sentire già al traguardo, come accadde un paio d’anni or sono ai Capitals. E magari di recuperare al meglio due colonne della difesa come Callahan e Hedman, reduci da infortuni.
NEW YORK ISLANDERS – PITTSBURGH PENGUINS
La stupefacente rinascita degli Islanders passa necessariamente per l’immenso orgoglio (e bravura) di Barry Trotz, il coach capace di condurre al titolo i Capitals lo scorso anno per poi andarsene in modo polemico, offeso per il mediocre rinnovo offertogli dalla dirigenza di Washington. Quando Trotz ha accettato la panchina degli Islanders, si è trovato tra le mani una squadra allo sbando, che aveva appena perso il suo capitano, John Tavares, e con enormi problemi in difesa; il risultato del lavoro di Trotz è che gli Isles sono ai playoff potendo vantare la miglior difesa del campionato e la miglior coppia di portieri dell’anno, Robin Lehner e Thomas Greiss. Non ci sono stelle di primissima grandezza a New York e la qualità dell’attacco è tutta da rivedere, ma il gruppo creato dal nuovo coach è di una solidità stupefacente.

Le superstar non mancano, invece, tra le fila dei Penguins, per quanto almeno un paio di esse siano in deciso calo (Malkin e Kessel). Crosby ha vissuto una delle sue stagioni dal rendimento più completo e ha trovato in Jake Guentzel, autore di 40 reti, la spalla migliore. In difesa, al recupero del lungo degente Kris Letang fa da contraltare la perdita di Dumoulin e gli eterni dubbi su Matt Murray tra i pali, capace di alternare serate da campione a prestazioni molto mediocri. Il problema maggiore di Pittsburgh sembra risiedere nella profondità delle linee, elemento fondamentale nel gioco ad alto ritmo predicato da Mike Sullivan, composte da giocatori non di primo calibro e da campioni forse giunti al capolinea. Possono spuntarla, anche per via dell’esperienza, contro questi giovani Islanders, ma è difficile che possano ripetere i fasti del recente passato.

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Gianluca Puzzo

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