Assistevo alla finale maschile del Roland Garros, domenica scorsa, straziato dalla noia di una partita dal risultato già scritto, tra due giocatori troppo simili nello stile e al tempo stesso così diversi nel valore assoluto. E’ una vecchia regola del tennis di tutte le epoche: per poter avere speranze contro un avversario più dotato, bisogna avere soluzioni diverse dalle sue. Se, sfortunatamente, le soluzioni dei due sono le stesse, allora il più debole in senso generale (fisico, tecnico, mentale, agonistico o di tutto un po’) non ha scampo, specialmente in una partita 3 su 5.
Così, mentre il malcapitato Ferrer gemeva e sudava vanamente dietro i colpi di un Nadal in carrozza, la mia testa ha iniziato a rimpiangere un bel Federer-Nadal di qualche anno fa, quando Rafael era l’unico a disturbare il Divino. E da lì, è stato davvero breve il salto mentale all’annosa questione: chi è il più forte dei due? Interrogativo che se ne porta dietro un altro, ancor più ingombrante: come in un sillogismo aristotelico, il più forte dei due può essere definito il più forte tennista dell’era moderna? Un rompicapo da bar, dove tutto si presta al suo contrario.
- Federer ha vinto più Slam (17 contro 12), ma Nadal è cinque anni più giovane e non in parabola discendente come lo svizzero;
- Nadal è stato molto più precoce (a 19 anni già numero 2 del mondo, mentre l’altro solo 29), ma per diverse stagioni ha dominato solo su una superficie, mentre Federer, una volta arrivato al top, si è dimostrato forte su tutti i campi;
- Federer ha soluzioni straordinarie in ogni zona del campo, ma Nadal ha la soluzione migliore quando i punti si fanno pesanti;
- Nadal ha una forza atletica senza rivali, ma Federer non ce l’ha semplicemente perché non ne ha bisogno. Con quel braccio è lui a comandare il gioco e a far correre l’altro.
E questo ping pong di pro e contro è andato avanti un bel po’, senza arrivare mai a soluzione. Poi un flash, il ricordo di una partita, forse la partita più bella che abbia mai visto, mi ha chiarito un po’ le cose: la finale di Wimbledon del 2008, vinta 9-7 al quinto dallo spagnolo. Ecco, quel giorno, quei cinque set sono la mezzeria tra i due: Nadal è stato capace di vincere almeno una volta nella tana del lupo, Wimbledon, battendo il lupo stesso. Federer no: la sua unica vittoria a Parigi, nel 2009, arriva proprio nell’unico anno in cui Nadal si fa eliminare precocemente da Soderling, di cui poi lo svizzero si sbarazzerà facilmente in finale. Nadal, invece, nel 2008 piega Federer nella finale del SUO torneo, quello in cui aveva vinto 41 partite consecutive. E tralascio volontariamente la seconda vittoria di Nadal a Wimbledon, due anni più tardi, proprio perché ottenuta senza lo scontro diretto con il rivale.
Riapro gli occhi sulla tv e, vedendo i gesti ruvidi e brutali dei due in campo, ho subito nostalgia di Roger Federer. Agli amanti del tennis sembrò un miracolo, una decina di anni fa, vedere i colpi più classici, antichi e fluidi reincarnarsi in un uomo del Duemila, capace di imprimere a quei gesti velocità pazzesche o tocchi di una dolcezza infinita, degni dei migliori Laver o McEnroe. Federer è stato capace, con una racchetta in mano, di issarsi a divinità pagana della bellezza, onnipotente e leggiadro, e non può non essere considerato “il più grande” tennista di tutti i tempi, con tutto ciò che quell’aggettivo può contenere. Ma Nadal lo ha battuto; è salito nel suo Olimpo e l’ha tirato giù dal suo piedistallo. Sbuffando, sudando, gemendo, sfinendo i propri muscoli, spremendo tutta la sua mente, sporcandosi le mani e sbucciandosi le ginocchia: nulla di divino o di leggiadro, nel tennis di Rafael, ma di straordinariamente umano, generoso e volitivo. Per questo arrivo a considerare Nadal più forte di Federer.
“Quindi secondo te Nadal è anche il più forte di tutti i tempi, giusto?” mi chiederebbe a questo punto Aristotele. Sulla terra rossa senza ombra di dubbio, gli risponderei, ma in assoluto no, credo di no. “E chi allora?” Federer, gli direi. “Ma il giocatore più forte di tutti i tempi non può avere qualcuno più forte di lui!” mi ribatterebbe con sguardo perplesso. Eh, lo so, Ari, sono tempi duri, questi, per i tuoi rigidi sillogismi.
accostamenti eruditi, mi piace!
fantasticooooo!!!