L’11 giugno 1888 la regina Vittoria nomina come nuovo Governatore Generale del Canada un certo Lord Stanley, augurandosi in cuor suo che riesca a mantenerle fedele una colonia già attraversata da voglie indipendentiste. Certo, Sua Maestà non poteva mai immaginare che questa decisione avrebbe finito per creare uno dei trofei più famosi e ambiti al mondo: la Stanley Cup, la coppa d’argento che fin dal 1915 premia la più forte squadra professionistica di hockey su ghiaccio.
Lord Stanley, al momento di lasciare l’Inghilterra, non sa neppure cosa sia quello sport: è a Montreal, durante l’inverno del 1889, che il Governatore assiste a una partita, è lì che scatta la sua passione per questo gioco, che porterà anche tutta la sua famiglia a praticarlo. Il suo amore per l’hockey culminerà, nel 1893, nell’ordine di creare una coppa da dare in premio alla squadra meglio classificata tra i campionati amatoriali canadesi. Lord Stanley non farà in tempo a vederlo, morirà nel 1908, ma la sua coppa diviene già nel 1915 il trofeo per cui si affrontano le due migliori squadre delle leghe professionistiche canadesi dell’epoca, la National Hockey Association e la Pacific Coast Hockey Association; a quel punto, il passo finale per diventare il trofeo della NHL è breve, e diviene realtà nel 1926.
La Stanley Cup propriamente detta è quella specie di “insalatiera” situata in cima alla torre che la sostiene. Gli anelli sottostanti, infatti, sono stati aggiunti negli anni a seguire e, caratteristica unica al mondo per i trofei sportivi, recano incisi i nomi dei componenti di tutte le squadre vincitrici (anche quelli di allenatori, staff e proprietario). Va da sé che la coppa è cresciuta di dimensioni e peso con il passare del tempo, raggiungendo oggi la ragguardevole altezza di 89 cm e mezzo (dai 18,5 originari) per 15,5 chili, al punto da costringere la NHL a togliere un anello dalla cima ogni volta che l’anello più in basso è pieno. Gli anelli via via eliminati sono gelosamente custoditi nella Hockey Hall of Fame di Toronto. A proposito delle incisioni, c’è una lunga lista di curiosità: dai numerosi errori di scrittura (l’ultimo nel 2010, quando l’ala di Chicago Versteeg divenne Vertseeg) ai nomi più ripetuti (Henry Richard 11 volte come giocatore, Jean Beliveau 10 da giocatore e 7 da allenatore) fino alle 12 donne presenti, prima delle quali Marguerite Norris, presidente dei Detroit Red Wings campioni nel ’54 e ’55.
Contrariamente a tutti gli altri trofei dei campionati professionistici statunitensi, la Stanley Cup non viene riprodotta ogni anno, ma la stessa coppa viene ceduta dai campioni uscenti ai nuovi, al termine della finale. In realtà ne esistono tre esemplari: quella originale, donata da Lord Stanley, è custodita nella Hall of Fame, la seconda è quella che passa di squadra in squadra, mentre la terza viene usata per occasioni promozionali (spot pubblicitari, film ecc.).
Due, infine, sono le principali tradizioni legate alla Stanley Cup. La prima è quella che vuole che tutti i componenti della squadra campione bevano lo champagne dalla coppa dopo la premiazione. La seconda tradizione concede invece a ciascun componente il privilegio di tenere per sé per 24 ore il trofeo. Questo “must” ha comportato negli anni due conseguenze: innanzitutto, la Stanley Cup è diventata la coppa più viaggiatrice del mondo (si calcola in circa 640 mila km la distanza coperta), visto che anche i giocatori stranieri vogliono giustamente esibirla con orgoglio nel proprio Paese (Russia, Ucraina, Svezia, Finlandia, Rep. Ceca, Slovacchia…). In seconda battuta, il cosiddetto “players’ day with cup” ha generato storie di ogni genere: da chi ci ha battezzato il figlio a chi ci ha fatto mangiare il cane, da chi ci si è tuffato in piscina fino a chi, incredibile ma vero, l’ha scordata in macchina. Con buona pace del severo Lord Stanley.
… quante curiosità dietro ad una “semplice” coppa, da come è nata a come è stata e continua ad essere vissuta! il “players’ day with cup” poi è una trovata eccezionale, immagino l’emozione e i mille pensieri di ciascun giocatore per rendere ancor più indimenticabile quel giorno; certo non sarebbe male prendere a tortorate sui denti quell’infame che l’ha usata come ciotola per il cane…
ma la domanda che continuo a farmi è… cosa sarebbe successo a quello che se l’era scordata in macchina se gliel’avessero rubata? Vinci la Stanley Cup e subito dopo passi alla storia per essere il primo c……e che se l’è fatta rubare!
Come tutti gli altri articoli sin qui pubblicati, anche questo è curioso e intrigante.
Scritto benissimo fa rivivere l’avvenimento sportivo narrato. Complimenti!