Il penultimo fine settimana di un freddo gennaio anomalo dal punto di vista climatico, ci regala una giornata di campionato che, nei valori di vertice, conferma la salute delle due squadre che probabilmente duelleranno fino al termine della stagione.
La vecchia signora celebra le gesta del campione bambino, in grado quasi di spazzare via il ricordo ancora vivo delle prodezze di un certo Tevez che sembrava, senza discussione alcuna, insostituibile.
La forza della Juventus risiede sempre di più nella sua capacità di cambiar pelle e di mantenere la pellaccia sempre dura e ben curata, la grande squadra la vedi nell’organizzazione, nello spirito di sacrificio, nella competitività nonostante il cambiamento, nella salute del bilancio e nell’investimento nel futuro (la quasi totalità dei migliori giovani in circolazione sono nell’orbita Juventus primo fra tutti Mandragora come prospettiva).
Per il Napoli la situazione rimane molto diversa, c’è il campionissimo Higuain, ma la forza di fondo risiede nell’organizzazione di gioco che il sapiente Sarri ha saputo trasmettere.
Fuori dal campo lo sfondone con Mancini ha dimostrato che è meglio elargire la propria conoscenza e sagacia tattica limitandosi al rettangolo di gioco anziché in arzigogolati ragionamenti omofobi giustificati dalla situazione concitata del momento.
Il fenomeno Napoli nasce come “provincializzazione” di una squadra che, per bacino di utenza, va annoverata tra le grandi, ma che ha scommesso su giovani e su campioni che si stavano abbandonando alle mollezze della dolce vita.
Il pensiero che giocatori che stimo all’inverosimile come Zaza e Morata siano relegati in panchina per contribuire saltuariamente alla causa bianconera mentre in qualunque altra squadra sarebbero titolari inamovibili, rende questo squadrone capace di potersi imporre anche nella realtà europea.
Siamo vicini ad uno scontro epico tra Juventus e Bayern Monaco e quella che fino a poche settimane fa ritenevo una sfida impari potrebbe regalarci una battaglia senza esclusione di colpi, soprattutto in ragione del momento di appannamento e crisi che la corazzata tedesca sta vivendo in questo frangente particolare della stagione con alle spalle una lunga sosta.
Napoli e Juventus hanno tutte le carte in regola per onorare la loro presenza in Europa, la prima per avere un trampolino di lancio negli anni che verranno, la seconda per consolidare un cammino che lo scorso anno è culminato, tra le altre cose, anche in una finalissima di Champions.
In questo scontro a due, la differenza la farà il cammino in Europa, con le fatiche che lo stesso comporterà, ferma restando la qualità media superiore dell’organico bianconero.
Nubi nere si addensano nel futuro dei partenopei e non solo (agentopoli) forse sarà semplicemente una bolla di sapone, tuttavia in Italia prima di accertare responsabilità passano anni e spesso condoni e pacche sulle spalle cancellano errori di qualsivoglia natura, persino la frase grave di De Rossi passa inosservata perché non contemplata dal regolamento e gli sfondoni omofobi sarriani vengono tranquillamente metabolizzati con due giornate di squalifica simbolica.
L’incostanza della Fiorentina e la scarsa organizzazione e compattezza dell’Inter fanno il resto calando il sipario su una stagione che la Roma ha già letteralmente gettato via.
La Roma attualmente rappresenta tutto ciò che una società non dovrebbe essere, intenta a raggiungere il suo unico scopo, ossia la costruzione dello stadio in luogo e tempi imprecisati, tralasciando gli aspetti importanti che consentono ad una squadra di raggiungere gli obiettivi prefissati: programmazione, organizzazione nel lavoro e il lavoro stesso.
Una tempesta di nome Spalletti si abbatte su questa squadra e lo porta ad attaccare al muro i protagonisti della “mafia capitale calcistica”.
Arrivano voci di scontri violenti all’interno dello spogliatoio, nell’intento di cambiare verso, riaffiorano alla memoria le parole dure di Lippi che metteva l’Inter con le spalle al muro.
La prima vittima è Gervinho che va in Cina, ricoperto d’oro, regalando una ennesima plusvalenza a Sabatini, l’ivoriano perde il suo Garcia che gli permetteva tutto e il contrario di tutto ed ora l’antipatico di turno sarà Spalletti la cui testa rischia di essere la prima a cadere.
L’immagine passionale di Pavel Nedved che salta in piedi al fianco del Presidente Agnelli nel momento del gol contro l’odiata Roma riassume perfettamente la distanza tra i due ambienti: presenza massiccia da una parte e cura del brand societario dall’altro, come se il marchio prescindesse dai risultati sportivi conseguiti.