È tornato a farsi sentire il Covid 19, che nelle ultime settimane sta facendo schizzare i contagi a livelli mai visti dall’inizio della pandemia, con inevitabili ripercussioni nello sport.

Con la parziale ma progressiva riapertura al pubblico degli impianti sportivi avvenuta nella seconda metà del 2021, pensavamo indirettamente di aver messo da parte il periodo più buio e caotico della pandemia, invece siamo tornati a leggere le ordinanze come conseguenze delle colorazioni territoriali, situazione critica su cui tuttavia serve una razionale riflessione in ciascuno di noi.
Purtroppo i recenti risvolti della nuova variante al virus chiamata Omicron, ha fatto impennare in tutto il mondo i casi di positività, con inevitabili nuove misure restrittive per assistere agli avvenimenti sportivi (ammesso che si disputino).
In Italia la capienza degli stadi come impianti all’aperto è stata dapprima ridimensionata al 50% della capienza fino all’ultima misura di ridurre la capienza fino a cinquemila persone, del 35% quella dei palazzetti al chiuso.
Misure differenti fuori dai nostri confini, infatti se in Inghilterra si prosegue con la stessa capienza, stadi chiusi in Bundesliga tornata ai panorami spettrali dei tempi peggiori aspettando che passi la tempesta, e chissà magari innalzare le percentuali di vaccinazioni.
In Francia nelle recenti partite di coppa nazionale, si è consentito il limite d’ingresso a cinquemila persone.
Hanno preferito prendersi una pausa i maggiori campionati italiani di basket e rugby, curioso quanto avvenuto nella massima serie maschile del volley italiano, con gli atleti del Vibo Valentia che hanno giocato indossando la mascherina come mai nessuno aveva fatto prima, per una scelta spontanea visto che nessuna imposizione era stata data dalla Lega Volley o dall’Asl.
Ovviamente solo qualcuno ha resistito per l’intera partita ma questo, ha dimostrato la fortissima voglia di fare comunque sport, in un periodo che certamente passerà.
Spettro delle porte chiuse anche in vista dei primi test di Formula 1 in vista del campionato 2022, previsti in Spagna sul circuito di Montmelò dal 23 al 25 febbraio.
Sta facendo clamore la vicenda legata al tennista serbo Djokovic e la sua partecipazione all’Australian Open di cui detiene il titolo dal 2019, con gli organizzatori che hanno reso obbligatoria
la vaccinazione come requisito di iscrizione al torneo, salvo poi il tennista serbo avere ottenuto un’esenzione medica venendo bloccato in aeroporto per problemi di visto con successivi ricorsi legali.
Stesso destino anche per la collega ceca Renata Voracova, non in prima pagina delle testate perché solamente numero 82 del ranking Wta.
Tornando al calcio, inevitabilmente la nostra Serie A alla ripresa del campionato ha risentito moltissimo della situazione, con un numero considerevole di positivi che ha decimato le squadre rinviando alcune partite, con un braccio di ferro tra la Lega decisa a giocare e le ASL chiamate a bloccare quelle squadre che viaggiano per le trasferte.
Se una volta nel mese di Gennaio i temi erano soprattutto legati al calciomercato, adesso sono quelli del numero di giocatori disponibili, senza dimenticare i consueti infortuni che ormai nell’ordinario, si contano in una stagione sportiva.
Alcune linee guida sono state date, tra queste inizialmente quelle dei club con calciatori positivi obbligati a disputare la gara nel caso abbiano almeno tredici giocatori di cui almeno un portiere, relativi alla prima squadra o della Primavera nati entro il 31 dicembre 2003 negativi ai test entro la mezzanotte del giorno precedente all’incontro, pena la sconfitta a tavolino.
Mentre recentemente sembra più definito il nuovo protocollo Covid previsto per gli sport non individuali, stop alle squadre col 35% di positivi, così il rinvio dovrebbe verificarsi con nove calciatori sui 25 in rosa.
Usiamo il condizionale non per errore, quanto invece nella precauzione di una situazione sempre in evoluzione.
Stagione regolare o no?
Certamente per ciascuna squadra è possibile fare delle riflessioni ma focalizzando i riflessi del Covid, è inevitabile come da metà campionato 2019/20 risulta difficile fare un serio dibattito, complicatissimo dare un valore reale ad una serie di variabili che ormai nemmeno si contano più.
Si gioca e si va avanti, soprattutto perché il calcio a certi livelli vive di ricavi commerciali, un ulteriore stop sarebbe la mazzata definitiva per molte società già al collasso.

